Storia della mia attrezzatura fotografica: 25 anni di scatti

Storia della mia attrezzatura fotografica: 25 anni di scatti

21 Novembre 2019 28 Di Sara

Aggiornato il 22 Febbraio 2021 da Sara

Alcuni di voi mi hanno chiesto con quale macchina fotografica scatto le foto del blog. Così mi sono detta, perché non scrivere un articolo sull’attrezzatura fotografica che uso?

Ma prima vi racconto come sono arrivata a scattare le foto di Viaggi da Fotografare.

La fotografia non ha età

Se vado con la mente indietro nel tempo, non c’è un momento in cui ricordo che per la prima volta ho avuto una macchina fotografica in mano: ho sempre bazzicato fra macchine fotografiche.

I miei genitori avevano una Konica, di quelle antiche, a pellicola con l’obiettivo rimovibile, ma l’unico montato era l’intramontabile cinquantino. Ricordo ancora, come se fosse ieri, che il rullino andava fatto avanzare manualmente caricandolo con una leva e fin da piccola mio padre ha sempre scattato centinaia e centinaia di foto.

Mia zia, a cui ero molto legata, aveva l’hobby delle foto su supporto diapositive con la sua Olympus totalmente manuale e ricordo di aver mosso i primi passi nella teoria fotografica proprio con lei.

Avevo forse 12 anni, quando, durante una gita in montagna, iniziò a spiegarmi la teoria dei diaframmi e dei tempi di scatto mentre metteva a fuoco manualmente una splendida cavalla col suo puledro a poca distanza da noi.

Ho ancora vivide nella mente quelle immagini: la luce proveniva da dietro e i due animali sembravano accarezzati dolcemente dai raggi dorati del sole del pomeriggio.

Ero rimasta così affascinata da quegli scatti, che non tardai ad acquistare la mia prima macchina fotografica.

La mia prima macchina

vecchia macchina fotografica a pellicola
Ho ancora le foto scattate in gita scolastica a Barcellona con questa

Era una compatta della Yashica acquistata di seconda mano dal fotografo in cui facevo le fototessere.

Aveva due pile stilo per far avanzare il rullino in automatico e l’autofocus, che ai tempi erano già passi avanti, con un piccolo flash e il copri obiettivo a scatto manuale.

A quei tempi ci si affidava al negoziante sotto casa, ci si faceva consigliare, lo si vedeva come una autorità in quel campo. Forse anche a voi sarà capitato di farvi consigliare tale o tale oggetto: internet e le recensioni non esistevano ed era importante l’interazione coi negozianti per imparare cose nuove. Quanto velocemente cambiano le cose.

Ci modernizziamo

Poco tempo dopo anche mio padre, approfittando di una gita a Livigno, decise di acquistare una macchina fotografica seria, per immortalare le sue amate montagne della Valchiavenna, le stelle alpine e i panorami in cui facevamo passeggiate d’estate.

Molti di voi forse ricordano come un tempo Livigno fosse il luogo del desiderio per gli acquisti elettronici scontati, visto che venivano venduti senza IVA.

La macchina fotografica eccedeva però largamente la franchigia, non potevamo rischiare che ci fermassero e la sequestrassero in dogana. Ricordo ancora che ci preoccupammo di eliminare la scatola, nascondere lo scontrino, inserire un rullino e fare un po’ di foto per farla sembrare nostra da sempre senza destare sospetti.

In dogana ci fecero aprire il bagagliaio, ispezionarono un po’, ma della macchina fotografica, vicino a me nella sua custodia, non dissero nulla.

vecchia Olympus a pellicola

Era una bridge della Olympus, la IS-100 uscita nel 1996, sempre a pellicola, alimentata da 2 pile stilo.

Per quei tempi avevamo in mano un vero gioiello tecnologico, innovativo e rivoluzionario.

L’obiettivo era addirittura uno zoom 28-110 con esposimetro automatico TTL e autofocus, flash estraibile, menù elettronico a pulsanti. La pellicola avanzava automaticamente e la lente poteva addirittura montare i filtri. Scattava foto stupende senza il minimo sforzo. Io la adoravo!

La mia sconfinata passione fotografica è soprattutto merito suo.

La mia prima reflex

Quando ho compiuto 20 anni, però, le impostazioni di scatto automatiche della Olympus non mi bastavano più. Volevo qualcosa di più, volevo imparare di più, volevo decidere io che impostazioni usare, ma senza spendere grosse cifre: ero pronta per la mia prima reflex.

Vecchia reflex a pellicola

Dopo aver visitato alcuni negozi, scelsi, nel negozio fotografico del centro commerciale vicino casa, la Canon 300V uscita l’anno prima (2002), in kit con l’obiettivo Canon EF 28-90mm.

Ottima per muovere i primi passi nel mondo reflex, la Canon 300V poteva essere usata sia totalmente automatica, che manuale, che in priorità di tempi o di diaframmi, con un autofocus velocissimo e un obiettivo davvero tuttofare.

Iniziai a studiare fotografia, a esplorare le possibilità di scatto manuali, a testare le reazioni della macchina alle condizioni di luce, ad approfondire la teoria fotografica per variare diaframmi e otturatore.

Quanti esperimenti e test era necessario fare con le macchine a pellicola. Non si poteva mai essere sicuri di come la foto sarebbe uscita! Infatti per questo mi piacevano tanto le Polaroid, ve le ricordate? Però non ne ho mai acquistata una.

Il passo successivo fu studiare le caratteristiche delle pellicole, testare le grane.

Non tardai a scartare le più famose Kodak a favore della stupenda Fujichrome Velvia, soprattutto la versione a ISO 100, ma anche la 200. Questa pellicola Fujifilm rendeva i colori così saturi e intensi da valorizzare ogni paesaggio. Senza contare il contrasto e la nitidezza.

Andavo appositamente nei negozi specializzati in centro a Milano per acquistarla perché non era venduta ovunque. Tuttavia ripagava le centinaia di euro spese in sviluppo, regalando una risoluzione in stampa da sogno, anche in grande formato, e sbaragliando, a quei tempi, le prime fotocamere digitali che avevano appena iniziato ad affacciarsi sul mondo fotografico.

Non c’era assolutamente paragone sulle stampe, la profondità dei colori, la qualità della stampa chimica, ci penso ancora con un po’ di nostalgia.

Aggiunsi successivamente al corredo anche l’obiettivo Canon EF 75-300 f/4-5.6 per avere uno zoom economico, anche se purtroppo di bassa qualità e poco nitido.

ragazza fotografa con vecchia reflex a pellicola
Lo vedete il pulsantino a scatto per aprire il dorso, dove c’è il rullino? Che nostalgia!

Provo il digitale

Incuriosita dal mondo digitale, 5 anni dopo decisi di acquistare una compatta Nikon Coolpix usata: si guastò subito!

Mentre uscivano compatte digitali sempre più avanzate, io rimanevo fedele alla mia reflex Canon a pellicola, che mi accompagnò anche durante il viaggio di nozze alle Seychelles.

Al ritorno dovetti spendere circa 150€ per sviluppare tutti i rullini! Anche se ero ancora dubbiosa sulla qualità d’immagine delle digitali, era venuto il momento di cambiare.

Nel 2010 mi decisi ad acquistare una reflex digitale, entry level, sempre Canon, giusto per iniziare a conoscerla senza dover spendere cifre.

La prescelta fu la piccola 450D, perché era in offerta per fine serie. Non mi sembrava il caso di spendere cifre folli per iniziare, e fra l’altro ero una novella sposina e non avevamo neanche il budget per farlo.

Alla fine riuscii a vendere la 300V in condizioni praticamente perfette a un collezionista, ma non mi dimenticherò delle pellicole Fujifilm.

Nel mondo Canon Digital

La nuova Canon 450D, in accoppiata con il “barilotto” Canon EF-S 18-55 mm (equivalente su pellicola/pieno formato a 28,8-88mm) e l’obiettivo zoom Canon EF-S 55-250 f4-5.6 IS (equivalente 88-400mm), mi ha permesso di muovere i primi passi nel digitale.

Ottima per i neofiti, per imparare i primi rudimenti di teoria fotografica, grazie ad una batteria inesauribile e un corpo macchina resistente.

Purtroppo non ci volle molto tempo perché mi stesse stretta. Avevo studiato l’esposizione a forcella, o Bracketing, le esposizioni multiple, ma su questa non c’era modo di poter fare nulla di tutto questo. Soffrivo tanto anche la risoluzione bassa e il rumore digitale molto elevato.

Nel 2012 decisi che ero pronta per fare un salto di qualità.

Decisi di rivendere la 450D ad un’amica che voleva muovere i suoi primi passi nel mondo fotografico, e passai alla reflex Canon 60D, ma questa volta corredata di obiettivo Canon EF-S 15-85mm f/3.5-5.6 IS, equivalente a 24-135mm.

Che dire, la Canon 60D è stata un’ottima macchina, mi ha accompagnata fino al 2018 in numerosi viaggi. Giordania, Mauritius, Stati Uniti, Zanzibar, Filippine, Giappone, Messico, sono solo alcuni.

L’obiettivo, poi, è sicuramente fra i migliori che ho provato in questa fascia di prezzo: nitido, preciso, veloce nella messa a fuoco. Guadagnare 3 mm sul lato grandangolo è stata anche fra le migliori scelte possibili. Secondo me il 15-85 si colloca assolutamente fra i migliori obiettivi Canon di fascia economici in commercio.

L’aggiunta di un obiettivo Canon EF-S 10-18 mm mi ha permesso poi di esplorare nuovi modi di fare fotografia panoramica.

Seguito a ruota da un nuovo zoom tele: il Canon EF 70-300 f4.5/5.6 IS USM, più qualitativo, più veloce nella messa a fuoco grazie al motore ultrasonico e più spinto del precedente.

Naturale completamento, un flash professionale, lo Speedlite 430EX, con un numero guida 43, potente ma leggero e vari altri accessori.

vista dall'alto di una reflex Canon 60D

E per il video?

Parallelamente, mio marito, appassionato di video di viaggio, aveva avuto modo di testare per i suoi video prima una videocamera SONY mini dv e poi una CANON Legria HF G30, non proprio economica.

Il tempo delle videocamere era però ormai tramontato.

La credenza che ormai le reflex avessero superato le videocamere come qualità di immagine era destinata a farsi strada nella nostra attrezzatura, culminata con la vendita della Legria.

E adesso?

Ci eravamo già resi conto di come la Canon 60D avesse ottime doti video, nonostante la mancanza di messa a fuoco continua.

Ora però, non solo ci voleva qualcosa di adeguato anche per fare video, ma soprattutto per l’aspetto fotografico, mi stava stretta anche questa. Cosa fare?

Il mio desiderio era migliorare la qualità delle mie foto da viaggio ma senza per questo aumentare anche il peso dell’attrezzatura, già di per sé ingombrante.

Volevo poter usare le nuove opzioni di geotag, di trasferimento di file tramite bluetooth, poter disporre di un intervallometro “on camera”.

Ma molto più importante, desideravo poter aumentare gli ISO senza risentire troppo del rumore, volevo degli obiettivi zoom più luminosi per poter usare diaframmi più aperti in condizioni di luce più difficili.

Avevo due scelte possibili:

  • rimanere in ambito Canon e sobbarcarmi pesi, ingombri e costi di una full frame, ma di sicuro non una entry level
  • oppure migrare verso altri lidi

Opzione Canon Full Frame

reflex full frame professionale canon

Già mi vedevo, curvata sotto il peso di una 5D Mark IV con “bianchino” (gli obiettivi professionali Canon, bianchi con la linea rossa) ma col portafoglio molto molto leggero.

Avevo avuto modo di noleggiare la 5D per fotografare un evento aziendale, corredata di obiettivi luminosi.

Mi ero spaccata la schiena e non potevo neanche minimamente pensare di trascinare un’attrezzatura del genere in giro per il mondo nei nostri viaggi zaino in spalla.

Dovevo riconoscere comunque che la qualità di immagine era davvero superlativa, i file immagine e i video davvero nitidi e con altissimi livelli di dettaglio e ottima resa dei colori: un vero piacere per gli occhi.

Per molto tempo sono stata combattuta se passare a full frame oppure no, soprattutto per guadagnare in qualità dell’immagine.

Avevo preso in considerazione le full frame cosiddette entry level, come la Canon 6D, ma non sarebbe stata una scelta saggia: sensore a parte, aveva ben poco in più di quello che avevo già.

Avrei potuto anche prendere la Canon 80D, naturale successore della mia, ma cosa avrei guadagnato in più? Messa a fuoco continua, connessione, ma per il resto sarei rimasta al palo.

Avevo considerato anche la Canon 7D Mk 2, ma anche qui non avrei guadagnato moltissimo: la 7D è una fotocamera APSC più indicata per lo sport.

Rimaneva quindi l’opzione 2.

Migrare verso altri lidi

Cosa non facile dopo 15 anni di Canon, che ne dite?

Questa scelta comportava la vendita dell’intera attrezzatura e degli accessori, senza contare l’apprendimento di un nuovo sistema fotografico. Dopotutto Canon la conoscevo a memoria, potevo maneggiare tutti i menù a occhi chiusi, sapevo esattamente dove mettere le mani, conoscevo la reazione della fotocamera ad ogni situazione di luce, sarebbe stato un salto nel buio.

Dopo qualche ricerca online, ho capito dove dovevo guardare: le mie esigenze erano qualità dell’immagine unita a un peso ridotto, cioè in una parola sola, mirrorless.

Più leggevo recensioni più mi rendevo conto che il segmento mirrorless, ormai diretto concorrente delle reflex, era la risposta alle mie ricerche.

Per definizione le fotocamere mirrorless, cioè senza specchio, solitamente guadagnano in peso e ingombro rispetto alle reflex, pur avendo sempre gli obiettivi intercambiabili, ma come sarà maneggiandole?

Dopo aver individuato due marchi in particolare, faccio un giro in alcuni negozi di fotografia per prenderle in mano, sentirle, impugnarle.

Avendo di solito un ingombro minore, le mirrorless spesso risultano meno ergonomiche, ma in quanto a qualità dell’immagine, ciò che più mi interessa, molte di queste hanno ben poco da invidiare alle colleghe con specchio.

Lo spareggio inizia così fra Sony e Fujifilm.

Sony o Fujifilm, cosa ho imparato?

Sony

una mirrorless sony

Pur essendo un mostro tecnologico a livello di riprese video, personalmente prendere in mano una fotocamera Sony non mi ha entusiasmata più di tanto.

A livello di comandi ed ergonomia non c’è stato il feeling che pensavo, soprattutto volendo rimanere per il momento nell’ambito APSC.

Quando poi ho valutato le varie ottiche diciamo che non ne sono rimasta affatto entusiasta. Il suo parco ottiche per APSC non è il massimo, soprattutto per quanto riguarda la qualità.

Per salire in tal senso è necessario approdare a Full Frame. La sensazione che Sony punti soprattutto al Full Frame mi ha convinta ancora di più di non investire in una casa produttrice se non ne scelgo i prodotti preferiti.

Fujifilm

una mirrorless Fujifilm

Appena presa in mano la X-T2 sono rimasta incantata dalla bellezza del corpo macchina, dal suo essere così “vintage”, dalla sensazione di robustezza che dava.

Che dire poi delle doppie ghiere dalle quali selezionare in un lampo il tempo di scatto desiderato e l’ISO, oltre alla compensazione dell’esposizione e altri parametri. Selezionabili ancora prima di accenderla!

Abbinandola a un obiettivo con la ghiera del diaframma in chiaro, il quadro era completo. Basta vagare nei menù per scegliere i parametri di scatto! Sono tutti modificabili mentre si guarda nel mirino poco prima dello scatto.

E che dire del mirino elettronico, la differenza rispetto a quello ottico si vede.

Quando ho poi valutato il parco ottiche ne ho trovate alcune davvero degne di nota, una in particolare mi ha conquistata: la Fujinon XF 16-55 mm F 2.8 (equivalente 24-85mm in FF). Cioè una lente con meno escursione focale rispetto alla mia, ma almeno performante lato grandangolo e, cosa ancora più importante, con apertura 2.8 fissa!

Dopo infinite recensioni lette, a gennaio 2018 ho deciso che il degno successore sarebbe stato Fujifilm.

Quando poi ho saputo che fra le simulazioni pellicola della macchina c’era anche la mia adorata Velvia, non ho avuto più dubbi.

Il corredo Fujifilm

L’accoppiata X-T2 e 16-55 F2.8, mi ha fatto guadagnare 200 grammi di peso in meno sulle spalle. Non moltissimo, ma lo scopo era almeno non aumentarlo: la sola Canon 60D+15-85 mi dava un peso complessivo di ben 1,37 chili.

Successivamente doveva essere completata da uno zoom, ho scelto l’economico Fujinon XF 55-200mm (equivalente 84-305mm).

Il mio corredo Fujifilm si è poi ampliato a gennaio 2019 con l’arrivo della Fujifilm X-H1, il primo corpo stabilizzato di Fujifilm, il primo anche totalmente ergonomico.

Perché due corpi? Servono? E qual è il bilancio dopo 2 anni di Fujifilm?

Appuntamento al prossimo articolo della serie “Fotografia” per una panoramica su Fujifilm e perché sceglierla.

coppia con sfondo mura